
Cosa cambia dal 2026 per gli imballaggi e il loro smaltimento
A febbraio 2025 è entrato in vigore il PPWR, Regolamento (UE) 2025/40 sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio, che integra con alcune novità i testi che lo precedono.
Un piccolo passo indietro: etichettatura ambientale dall’inizio
Sono ormai alcuni decenni che si parla di etichettatura ambientale, cioè dell’obbligo di inserire su qualsiasi imballo le informazioni relative alla sua composizione e modalità di riutilizzo e riciclo.
La questione, delicatissima, è stata delineata a più riprese:
- Già dal 2006 è obbligatorio identificare il materiale di cui è composto ogni imballaggio, ai fini di fornire indicazioni precise alla filiera del riciclo.
- Nel 2020 si rendeva necessario che queste informazioni diventassero più trasparenti e chiare anche per il consumatore, dunque si è integrata (almeno a livello teorico), la dicitura che riporta dove smaltire l’imballaggio, o l’invito a consultare le disposizioni nel proprio comune di residenza.
- Di fatto, però, la dicitura per lo smaltimento ha subito una serie di proroghe, fino ad essere pienamente operativa solo a partire dal 2023.
- E dal 2025 cosa succede?
Le novità introdotte dal PPWR
Il PPWR del 2025 stabilisce che si devono standardizzare le etichette a livello europeo, e questo è un enorme passo avanti dal punto di vista del consumatore, che attualmente si trova davanti ad indicazioni che, laddove presenti, sono sempre diverse e spesso difficili da decifrare.
Il tutto, per ovviare ai limiti di spazio imposti dalle etichette fisiche, avverrà anche in formato digitale, vale a dire con l’ausilio di QR code tramite cui approfondire tutte le informazioni rilevanti.
Dal 12 agosto 2026 dunque, anno per il quale la commissione europea avrà fissato (e si spera spiegato nel dettaglio) gli standard di queste etichette armonizzate, tutte le aziende produttrici di imballaggi dovranno uniformarsi ai principi volti a soddisfare i primi obiettivi:
- dimostrare di cosa sono fatti esattamente i propri packaging;
- ridurre il peso e volume in eccesso di tutte le confezioni (che non potranno avere più del 50% di spazio vuoto al loro interno);
- eliminare il più possibile ogni sostanza pericolosa nel packaging stesso e nei materiali ricavati dal suo riciclo;
- iniziare ad applicare la cosiddetta “progettazione per il riciclo”, secondo cui, entro il 2030, tutti gli imballaggi immessi sul mercato dovranno essere riciclabili almeno per il 70% (ciascuno).
Già dal 2026 sono previste sanzioni per chi non si adeguerà ai primi obiettivi posti dal regolamento, mentre nel 2028 entrerà ufficialmente in vigore l’Etichettatura Armonizzata e Digitale, ma è comunque previsto un tempo di adeguamento entro cui sarà possibile esaurire le scorte di quanto già prodotto.
Ma non è ancora tutto: nel 2029, nei paesi in cui ancora mancano e che non abbiano soddisfatto determinati requisiti relativi al riciclaggio, si istituiranno dei sistemi di deposito cauzionale e restituzione per incentivare il riciclo di bottiglie e contenitori per bibite in plastica e metallo.
E ancora, sulla plastica…
E poi, purtroppo ancora si parla di bandire indistintamente la plastica monouso, anche per gli imballaggi per ortofrutta non lavorata inferiori al 1,5 kg.
Se per quanto riguarda alcune categorie di prodotto il divieto ha perfettamente senso, non è altrettanto vero per la frutta e verdura fresca.
Saranno vietati sicuramente: i sacchetti in plastica ultraleggeri (se non utilizzati come packaging primario), gli incarti per i bagagli all’aeroporto, l’involucro di alimenti e bevande consumati in loco in hotel, ristoranti e bar, i piatti, i bicchieri e le posate usa e getta, i cosmetici monouso in ambito di hôtellerie.
Per quanto riguarda l’ortofrutta, niente panico, per il momento: saranno i singoli Paesi a decretare i casi in cui la plastica non è in alcun modo evitabile, per questioni di igiene e sicurezza, e per scongiurare l’effetto boomerang dello spreco alimentare. Il principio verrà sicuramente applicato per carne, insaccati e pesce e, si spera, per le tonnellate di prodotti ortofrutticoli che altrimenti finiremmo per gettare nel bidone.